03 novembre 2010

NIENTE E' TROPPO BELLO PER ESSERE VERO


Ottobre 2010


Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

...

Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.
(Ode al Giorno Felice - Pablo Neruda)


Siete mai stati innamorati?

Durante il mio ultimo anno di liceo un mio compagno di classe mi telefonò per dirmi che ero l'amore della sua vita.
Io risi.
Senza inutile modestia, non era la prima volta che me lo sentivo dire. Non grazie al mio fascino (chi non ne possiede almeno un po'?) ma perchè ero forse una di quelle ragazze che danno l'impressione di aver bisogno della promessa di un impegno serio per accettare un appuntamento.
Acconsentii a vedere un film insieme perchè adoravo andare al cinema e, in aperta contraddizione con le apparenze, perchè questo mi bastava per uscire con un coetaneo che non mi suscitasse particolare avversione.
In platea io guardavo lo schermo e lui fissava me.
Non trascorse neanche la metà del primo tempo che mi trascinò fuori dalla sala per farmi sedere sui gradini appena prima dell'uscita di sicurezza. Io infuriata (che cosa voleva questo ragazzo che si metteva tra me e l'ultimo film di De Niro?), lui, jeans chiari e anfibi neri (mio malgrado cominciavo a guardarlo un po' anch'io), non smetteva mai di parlare.
A fine serata, sotto casa mia, appoggiato ad una colonna, mi tenne stretta a lungo. Io ferma, avvolta da un calore che non conoscevo, mi lasciai abbracciare senza capire perchè.
Come si dice quando scopri di aver bisogno di qualcosa che neanche sapevi esistesse?

Adesso, diciassette anni dopo, siamo insieme, aggrappati a delle transenne sistemate tra noi e una passerella rossa. Aspettiamo.

L'amore, per una che da bambina, mano nella mano con sua madre, ha sfilato in corteo l'8 marzo in mezzo a donne che urlavano l'utero è mio e me lo gestisco io, non è un affare semplice. L'indipendenza prima di tutto.
Guardare negli occhi una persona e sentire che ha nelle sue mani la tua vita, che da lui, da un suo sorriso, da una parola, dipende quello che rimarrà di te, è una scelta (perchè non si può forse più orgogliosamente, ostinatamente, intelligentemente e valorosamente rifiutare?).
Si tratta di un atto di fiducia deliberato. Di rinunciare un po' a se stessi, senza sapere mai (anzi sospettando sempre) se non sarebbe stato meglio fare spallucce ed occuparsi d'altro.

Io mi sono innamorata di due persone in vita mia.
Una è quella al mio fianco con gli occhi arrossati come i miei, le mani sudate, la febbre nel cuore, le gambe che tremano e l'eccitazione nella voce.
L'altra è quella che sta per arrivare.

Ore 19:00.
La musica parte, cominciano le danze.
Lo vedo.
La prima cosa che penso è che mi piace. E' proprio lui. E' così che lo immaginavo, che lo sognavo, che sapevo sarebbe stato.
Si avvicina.
Cammina come solo lui sa, vestito di nero, gli occhi strizzati (a causa delle luci o della miopia?). E' bellissimo.
Tende la mano. Io allungo il braccio e, senza rendermene conto subito, comincio a pronunciare, sotto voce, tra me e me, una preghiera, una speranza, un mantra:
shahrukhshahrukhshahrukhshahrukhshahrukhshahrukhshahrukhshahrukh.
Poi gli prendo la mano, la tengo, la stringo.
Il tempo si ferma. Silenzio. Non avverto alcun suono. Non vedo, sono cieca.
La terra sussulta, fuochi si accendono, crescono e scaldano, le acque sono agitate, rimescolate, l'aria trema.
Solo per un attimo.

Lo lascio andare.

Porto la mano al viso. Profuma di ristorante indiano, di spezie e incenso. Sa di buono.